I brand non sanno più comunicare

Pepe Moder | Diciamocelo francamente: la stragrande maggioranza dello storytelling di brand è di una noia mortale. Quando va bene, raccontano storie autocelebrative di nessun interesse per chi legge. Quando va male, sono anche scritte male. Di esempi in questo mondo fatto di continua comunicazione ce ne sono a bizzeffe, basta aprire tre siti corporate di medie e grandi aziende, e due su tre di media sono un ottimo rimedio all’insonnia. Oggi lo storytelling non è più solo fatto di racconto, che deve essere pensato per lettori caratterizzati da mille differenti sfaccettature; è anche ingaggio, coinvolgimento emotivo e razionale. Perché in un contesto storico di nuovo utilitarismo, se il brand non è in grado di generare interesse e soprattutto rilevanza, è destinato ad essere ignorato. Ecco perché tutti si affannano a cercare di misurare il ritorno senza successo: perché la comunicazione di brand, così come viene concepita oggi, sta diventando totalmente irrilevante per il pubblico.

Ma cosa vogliono quindi i lettori? Chi può dircelo? Una volta erano le agenzie creative e di comunicazione, oggi bisogna fare affidamento sui dati, le informazioni comportamentali di scelta, condivisione, commento e creazione di contenuti. Qualcuno potrebbe pensare che le emozioni non possano e non debbano essere guidate dai numeri, perché troppo freddi e non in grado di cogliere le differenti sfumature che il linguaggio può generare. Senza cadere nella banalità delle estremizzazioni i dati diventano una guida, come le luci di emergenza lungo il corridoio degli aerei, perché permettono di capire gli interessi e di individuare le tematiche in grado di stimolare i desideri, le ambizioni, le necessità e le aspirazioni del nostro pubblico. Come renderli partecipi, ovviamente, dipende dal linguaggio e dal contenuto. Ma è ora di ripensare seriamente alle modalità di approccio tradizionale, basate su piattaforme di comunicazione (il risultato dell’agenzia creativa, per intenderci) che ogni due/tre anni cambiano il tema, mentre il registro linguistico di base rimane sempre il medesimo. E’ come avere un conoscente o un amico che, con lo stesso vocabolario, un anno ti parla di filosofia e l’anno dopo si presenta come esperto di meccanica quantistica.

Maurizio Abet , Senior VP di Pirelli e ospite della puntata, ha condiviso con noi la sua esperienza e ci ha raccontato come sia possibile riuscire a mantenere alta l’attenzione, se si ha una buona storia da raccontare.

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